Carlo Dell’Amico

I miei scritti:

Dell’Amico della sapienza. Geometria sacra di un’arte radicale, presentazione del libro-catalogo “L’anima che perse la memoria” – Norcia, Museo della Castellina, 11 giugno 2016

Il giorno della nuova creazione. Testo del catalogo della mostra personale Il quinto giorno, Freemocco’s House, Deruta, 6 ottobre 2013.

Carlo Dell’Amico nasce a Perugia nel 1954. La sua ricerca estetica si basa sulla elaborazione di un complesso universo di segni e simboli, nel quale ricorrono frammenti o reperti che rimandano al senso dell’origine.

Sin dagli anni 1970 fino ai primi anni 80, l’artista esplora l’universo tenebroso degli ipogei etruschi, per carpirne i segreti e riflettere sacro vuoto che si instaura tra la presenza dello spirito nel nostro corpo e l’aspirazione verso la trascedenza.

Attorno agli anni 2000, muta i suoi mezzi espressivo e fa uso dei linguaggi mediali, operando una contaminazione tra opera e ambiente sempre più forte. Il suo simbolismo allude alle regole auree di una “geometria” generativa e sacra, concetti già espressi nella performance e nell’installazione del 2006 al Mlac dell’Università La Sapienza di Roma e al Museo del Tuscolo nelle Scuderie Aldobrandini di Frascati.

Nel 2005 l’artista contrappone due radici d’albero l’una discendente e l’altra ascendente, inaugurando una nuova rappresentazione simbolica dell’alto/basso: i due elementi, intersecandosi, formano una croce, di cui  costituiscono l’asse verticale e la linea orizzontale, sulla quale si incontrano; il centro unisce i gradi dell’esistenza che, nell’orizzontalità, trovano il proprio sviluppo, lasciando che il linguaggio umano possa trascendere nella verticalità.

Nel 2008 proietta una sagoma di albero con le radici rivolte in alto sulla facciata della Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi. Il dialogo tra i punti simbolici dell’opera e quelli dell’architettura dell’edificio attraggono le ramificazioni un tempo sotterranee dell’albero.

Nel 2009, a Palazzo Taverna di Roma, predispone la ricostruzione di una “Stonehenge” dal titolo Riportati alla luce, in cui usa monoliti, prismi di plexiglas con all’interno radici capovolte di colore azzurro recise all’altezza del pleroma, immerse in una luce di plenilunio ricreata dai neon blu fluorescenti, impietrite nelle polveri della storia umana.

Tra il 2009 e il 2010 realizza l’installazione nel complesso museale di Montone, Eadem mutata resurgo, in cui dispone una serie di radici su una griglia metallica, che riproduce la progressione della sezione aurea in dialogo con la scena di una Deposizione lignea duecentesca.

Nel 2012 a Palazzo Schifanoia a Ferrara e successivamente al Museo Archeologico di Terni istalla delle grandi gabbie d’acciaio, al cui interno gli elementi radicali sono sovrapposti al reticolo del SATOR.

Nel 2014, l’installazione Polvere di Sole ripropone una serie di istallazioni analoghe, nelle stanze della Pinacoteca Stuard a Parma.